- conoscenza della lingua a livello scolastico: qualsiasi corso può aiutarvi, l'obiettivo è padroneggiare lessico, regole grammaticali, ortografia, pronuncia delle parole indigene.
- cultura locale: partecipare alla discussioni, guardare la tv, leggere i giornali, aiuta a entrare nel discorso, capire cosa ci accade intorno e ridere alle barzellette :P
- gestire la vostra italianità: imparare a fare delle vostre origini un punto di forza, adattare e assimilare conoscenze e abitudini per il nuovo stile di vita.
Oggi voglio dire la mia sul terzo punto. Diventa più importante man mano che i primi due vengono assimilati, e rappresenta la differenza fra "cavarsela" e "padroneggiare". Una volta che si inizia a fare conversazione ci sorprenderemo spesso a preferire parole derivate dal latino di uso più frequente in italiano, rispetto alla nostra nuova seconda lingua che potrebbe avere altre preferenze, e a fare attenzione ai termini che sembrano comuni ad entrambe le lingue ma in realtà dai significati diversi. A patto di non lavorare nel campo linguistico questo non è un problema il più delle volte, e finisce per diventare un vostro particolare riconoscibile che personalmente trovo bello avere. Trovo bisogni fare attenzione però ad utilizzare la pronuncia locale del termine piuttosto che l'italiana. La pronuncia mista crea confusione in chi vi ascolta, il che è comprensibile dato che non la riconoscono e non se la aspettano.
C'è tutta una serie di parole con cui convivere tutta la vita e particolari per la pronuncia: nomi e cognomi. Sebbene per i nomi storici vi troverete a sorridere per Cristophe Colomb, Jules César, Michel-Ange, Léonard de Vinci, Raphaël,
Un momento di poca pazienza nella vita di Leonardo. |
Potete scegliere anche di avere un soprannome o lo stesso nome proprio localizzato con cui presentarvi rapidamente alle persone, cui spiegherete per bene come scrivere "Contessa Serbelloni Mazzanti Viendalmare" o "Guidobaldo Maria Riccardelli" all'occorrenza. È qualcosa che vediamo spesso anche in Italia negli immigrati ed è bene realizzare che non c'è niente di male nel farlo.
Laddove sia spiegazioni che soprannome non possono aiutare è nella burocrazia.
Ogni volta che dovete fornire le vostre generalità chiaramente dovrete fornirle reale ed esatte, e finché si va di persona ce la si cava facendo vedere un documento, ma al telefono?
Episodio di vita vera, per allacciare l'elettricità nel nuovo appartenento:
"Ho bisogno del suo nome completo, signore"
"Edoardo Facchinelli" rispondo facendo del mio meglio per scandire.
"Mi scusi, potrebbe ripeterlo lettera per lettera?"
Prevedibile, sempre meglio essere sicuri, d'altra parte capita molto spesso anche per i locali con una lingua piena di omofoni come il francese. Come quando fuori la mère du maire va à la mer chercher sa tante qui l'attend dans sa tente, insomma.
"Ef, a, se, se, ash..." Tento di pronunciare ogni lettera il meglio possibile ma in questi casi la mia pronuncia ancora lascia a desiderare. È come se un romano cercasse di imitare un milanese che parla napoletano :V
"Es, à?" Chiede infatti il mio interlocutore incerto. E provate voi a dirgli "F di Firenze"!
Temendo che abbia il mio stesso livello di Storia dell'Arte internazionale, ripiego con un doppio carpiato su un "F de... France!" per il quale si sarà fatto quattro risate meritate coi colleghi alla macchinetta del caffè, e mi metto a riflettere su come prepararmi meglio alla prossima volta.
Mentre in Italia è di uso comune usare le città come riferimento per le iniziali, qui direi che il sistema più diffuso sia l'alfabeto fonetico NATO, derivato da quello radiotelefonico e che sentiamo nei telefilm per il gergo militare. In cui per la Q c'è Québec. Mica cotiche, parola di Eduardó Fascinellí :V
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